Ackroyd&Harvey: l’arte di coltivare le fotografie


Gli artisti inglesi Heather Ackroyd e Dan Harvey hanno trovato il modo di ribaltare la concezione di Roland Barthes secondo cui le fotografie sono una rappresentazione della morte: è difficile immaginare niente di più vivo dei loro ritratti letteralmente coltivati sulle tele o sulle facciate dei palazzi.

Se per il filosofo francese la fotografia “uccide” l’attimo strappandolo al flusso incessante degli eventi e consegnandolo alla fissità della morte, nel caso delle opere d’arte di Ackroyd e Harvey a restituirgli la vita è la loro tecnica, messa a punto in più di vent’anni di sperimentazioni, che lo fa rinascere come organismo vivente sulle superfici.

Il loro segreto è la capacità di giocare con la luce che colpisce un piano ricoperto da uno strato vegetale in crescita: proiettando un fascio luminoso su un’area viene infatti stimolata la produzione di clorofilla ottenendo così un verde più scuro. Al contrario le aree che ricevono meno luce restano più chiare assumendo una tonalità gialla.

Il contrasto di chiaroscuri è ottenuto proiettando la luce sulle superfici erbose attraverso un negativo all’interno di una galleria o uno spazio chiuso adattati a camera oscura temnporanea. L’effetto che si ottiene è simile a una fotografia in bianco e nero con variazioni cromatiche che vanno, in questo caso, dal verde scuro al giallo.

Ackroyd e Harvey hanno utilizzato questa tecnica per realizzare ritratti  e pareti vegetali che ricoprono mura abbandonate, pareti di chiese sconsacrate, gigantesche installazioni all’interno di musei d’arte contemporanea.

Per far sì che i colori delle loro tele erbose restino vivi a lungo i due artisti utilizzano una specie di erba modificata geneticamente del genere Festuca sviluppata in collaborazione con il centro di ricerca gallese IGER (Institute of Grassland and Environmental Research). Questa specie ha la caratteristica di non appassire mai conservando nel tempo un verde sempre vivido persino quando muore.

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